Giovanni Lindo Ferretti e il suo Òra. Difendi conserva prega. l’inizio Un pensiero si fa strada è da un po’ che lo penso: un libro, un piccolo libro. Un atto terapeutico che rifocalizzi il presente contro il languore da malinconia nel vuoto dei cavalli, cani, la corte transumante e il paese nel fervore di giorni comunitari stolto, pensavo fossero vagiti i respiri affannati di questo pugno d’anni a rammendare trame tra montagne erano rantoli, sono cessati urge un impegno quotidiano ad ordinare mente e corpo da poter dire se e quanto è stata buona la giornata prima di abbandonarmi, la sera, al sonno. Voglio scriverlo, nessuna pretesa editoriale, tiratura più che limitata: cento copie, metà per persone a cui voglio bene, l’altra metà troverà nel tempo il proprio recapito. Una dimensione artigianale, fuori commercio, un dono. Sarà un libro di preghiera, conterrà le mie preghiere quotidiane, accadimenti e pensieri sedimentati attorno la preghiera nelle diverse età del mio vivere. La maggior parte delle persone che frequento, la quasi totalità di quelle a cui voglio bene non pregano, non ne conoscono necessità, non possono beneficiarne. I bambini crescono senza impararle e dovrebbe essere la casa, in famiglia, il luogo privilegiato dell’apprendere. Credo il pregare un ragionevole atto, intimo e sociale. Di valenza cosmica. Credo la preghiera fortezza pura, vivificante e il tempo del pregare un tempo eterno. “Dio è corazza dei forti” così era titolato il libro, raccolta di loriche, antiche preghiere cristiane d’Irlanda, l’ho comprato e me lo sono goduto. Era un tempo in cui non pregavo, cantavo nei CCCP è una affermazione perlomeno discutibile: quanto di preghiera c’è nel mio cantare? Da tempo mi ripromettevo di ascoltare tutti i dischi incisi in 40 anni. Non ascolto i miei dischi, non l’ho mai fatto fino ad ora. Ho appena cominciato. Molte sorprese. Agitazione. Incantamenti. La dimensione religiosa è ovunque, al di là delle canzoni dichiaratamente preghiera Madre su tutte ma non sola, una variegata sequela di innodia religiosa naturale cosmica, strafottente in un tempo che si vuole ateo scientifico. La mia preghiera, ne ringrazio Dio, è fiorita su un substrato pagano redento e salvato che mi appartiene. È cambiato l’orizzonte, la prospettiva, la teologia, non l’uomo che alza gli occhi al cielo pronunciando parole di lode, richiesta di aiuto, consolazione. I miei avi pregavano, lo so. Cammino gli stessi passi, gli stessi ambiti domestici, gli stessi spazi esterni nello stesso ordine di pensieri: si nasce, si vive, si muore. Ci sono luoghi, momenti, situazioni in cui si può solo pregare e pregare fa la differenza. Diventammo cristiani nella seconda metà del primo millennio, non è cambiato granché, da allora. Sto invecchiando 1953/2022 il corpo non mente, obbliga riguardi e cure, lo spirito ancora strappa velleitario preda di entusiasmi poi insostenibili. Tendo al selvatico, solitario, all’ombra di una casa venerabile dimora, in sintonia col variare delle stagioni, sensibile alla presenza animale le cose visibili ed invisibili attento all’accadere: un sempre più rapido mutare. Non ho più alcun interesse per il racconto che il mondo fa di sé tra vacuità e tornaconti da poco. Sono residuale, in attesa di non so che. Ho fatta mia la triade dell’ultimo Pasolini poeta difendi conserva prega conserva e difendi sono due imperativi, vanno coniugati secondo contingenza: cosa? Chi? perché sì, anche no! prega è un imperativo assoluto, va fatto. Ortoprassi prima di Ortodossia. Nella mia vita prima del perché si prega c’è stato il come si prega, l’ho imparato secondo un canone, appartengo ad una tradizione religiosa. Ne ringrazio Dio.
