Prefazione a Lo straccio rosso Come il fascismo non è mai morto, con buona pace di chi ciclicamente si illude a tal proposito, altrettanto può dirsi del comunismo. Esso esiste, come aspirazione egualitaria, da tempo immemorabile. Un grande sofista ateniese del tempo di Pericle (V secolo a.C.) ha scritto un’opera intitolata Sulla verità, di cui è rimasto un frammento su una striscia di papiro, dove si legge che saremmo «più barbari dei barbari» se dimenticassimo che siamo per natura tutti uguali e respiriamo tutti col naso e la bocca. Quest’uomo si chiamava Antifonte. Alcuni secoli dopo, un seguace di Epicuro fece incidere nel portico della sua città (Enoanda, sulla costa asiatica di fronte a Rodi) queste parole: «Secondo le varie divisioni della superficie terrestre, chi ha una patria e chi ne ha un’altra, ma, se si considera l’intero complesso dell’universo, unica patria di tutti è la terra e il mondo è un’unica casa comune». Quest’uomo si chiamava Diogene e visse tra il I e II secolo d.C. Non poteva prevedere che la ricca Europa venti secoli dopo avrebbe ricacciato i migranti nei lager libici. Luciano Canfora
